L’avvento di nuove tecniche per la
visualizzazione del cervello ha consentito di aprire nuovi scenari sul
funzionamento di quest’organo. La tecnica più antica è la tomografia computerizzata (TC). La TC utilizza un fascio di raggi X
e dei rilevatori posti ai lati opposti della testa del paziente. Essa consente
di distinguere la sostanza grigia (corpi cellulari) da quella bianca (assoni).
La TC permette inoltre di riconoscere i ventricoli e altre strutture
dell’encefalo (Parves, Augustine, Fitzpatrick, Hall, LaMantia, White, Neuroscienze, Zanichelli).
Un’altra tecnica molto diffusa è la risonanza magnetica (MRI). Essa
risale agli anni ’80. La MRI sfrutta il campo magnetico e gli impulsi a
radiofrequenza. Questi impulsi modificano la rotazione degli atomi che iniziano
ad emettere energia di tipo oscillatorio. Attraverso l’utilizzo di questa
tecnica gli operatori sono in grado di costruire dettagliate immagini del
cervello. La MRI è oggi la metodica preferita per la visualizzazione della
struttura del cervello. Essa infatti è innocua e non invasiva. Una variante
della risonanza magnetica è la visualizzazione con tensore di diffusione (DTI).
Questa tecnica consente di visualizzare le connessioni formate dagli assoni e
la vascolarizzazione celebrale.
Altre tecniche consentono invece di
visualizzare le variazioni funzionali del cervello. Esse sfruttano i
cambiamenti del metabolismo e del
flusso sanguigno dei pazienti.
Queste tecniche sono la tomografia a emissione di positroni (PET), la
tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (SPECT) e la visualizzazione
funzionale per risonanza magnetica (fMRI).
Nella PET in particolare gli operatori iniettano degli isotopi nel flusso
sanguigno. Questi isotopi si accumulano nelle zone metabolicamente più attive.
Dei rilevatori posti attorno alla testa del paziente effettuano quindi le
rilevazioni.
La SPECT è simile alla PET. Essa utilizza dei composti marcati con
radioisotopi che emettono fotoni.
La fMRI si
basa invece sul seguente fenomeno. Quando un’area del cervello affronta un
compito, utilizza più ossigeno. Ciò provoca un cambiamento del segnale di
risonanza magnetica. Gli apparecchi rilevano questa modificazione. Le immagini
generate dall’fMRI hanno una risoluzione temporale e spaziale migliore rispetto
alle altre tecniche.
Esiste infine la magnetoencefalografia (MEG). Questa metodologia ha una risoluzione temporale migliore rispetto alle altre metodiche. Essa registra i campi magnetici generati dall'attività del cervello. La MEG tuttavia non fornisce dati strutturali. Per tale motivo gli scienziati la associano alla risonanza magnetica, creando una metodica chiamata visualizzazione da fonte magnetica (MSI; Parves, Augustine, Fitzpatrick, Hall, LaMantia, White, Neuroscienze, Zanichelli).
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