(La presente immagine è tratta dal sito http://scienzaesalute.blogosfere.it/2008/12/gli-adolescenti-di-oggi-una-generazione-di-tradizionalisti.html).
L’adolescenza coincide con il periodo
della vita dell’individuo che va dai quattordici ai diciotto anni d’età. Questo
periodo viene spesso definito come un periodo di crisi. Esso non rappresenta un periodo puntiforme, bensì una fase
più o meno lunga caratterizzata dal cambiamento dello sguardo dell’adolescente
sul mondo.
Tale cambiamento può essere
analizzato secondo la prospettiva cognitivista di Piaget. Tale prospettiva vede lo sviluppo dell’individuo come
scandito da fasi che si susseguono. Secondo Piaget la fase iniziale sarebbe
quella senso-motoria, seguita da quella pre-operatoria, operatoria concreta e
operatoria formale.
L’adolescenza, in quest’ottica,
rappresenta il momento in cui il pensiero dell’individuo accede alle sue forme
più mature, ossia alla fase operatoria
formale. Tali forme sono rappresentate dal pensiero ipotetico-deduttivo.
Il pensiero ipotetico-deduttivo
attribuisce all’adolescente capacità autoriflessive e introspettive. Ne
consegue il cambiamento della prospettiva
sul mondo e quindi l’avvento della crisi in oggetto.
Il periodo adolescenziale, tuttavia,
riflette anche tematiche di tipo relazionale.
Secondo la prospettiva di Bowlby,
infatti, l’individuo basa le relazioni con sé stesso e con gli altri sulla base
di rappresentazioni mentali chiamate modelli
operativi interni. Ne consegue, secondo tale prospettiva, che l’adolescenza
sarebbe caratterizzata da una riorganizzazione delle rappresentazioni rivolte
alle figure di attaccamento. In altre parole, si verifica nell’adolescenza una
ridefinizione del legame con i genitori ed un intensificarsi dei rapporti nei
confronti dei pari.
La patologia si risconta quando l’adolescente oppone delle resistenze
al fluire del cambiamento. C’è patologia, in altre parole, quando l’individuo
cerca di evitare la sofferenza implicata nel processo di riorganizzazione
psichica e nel mutamento delle relazioni.
Nella fase adolescenziale sono
frequenti comportamenti di devianza.
Gli esempi più eclatanti sono il vandalismo e il bullismo. Nel vandalismo, l’intenzionalità insita
nella distruzione degli oggetti rappresenta una sfida tra sé e il mondo adulto.
In questo modo l’adolescente manifesta la volontà di mostrarsi agli adulti.
Nel bullismo, invece, si riscontrano forme di oppressione fisica e
psicologica poste in essere da individui o gruppi più potenti nei confronti di
un soggetto più debole. Esso è caratterizzato da intenzionalità, persistenza
nel tempo e asimmetria di potere. Gli studi nel settore hanno ricondotto le
cause di questi fenomeni a numerosi fattori, come ad esempio elementi
psicopatologici, genetici o sociali. Recentemente, tuttavia, si è affermata l’idea
che le cause di questi fenomeni siano da ricondurre ad una serie complessa di
fattori.
Al fine di evitare tali condotte l’intervento
preventivo è importante. Di fronte a
tali episodi è importante ribadire la necessità delle limitazioni, che
costituiscono una guida fondamentale per la crescita. Esse rappresentano un
sistema di norme e valori che verrà assimilato dall’adolescente in un periodo
di tempo lungo. In quest’ottica, è importante un intervento dei genitori che
educhi all’assertività e alla cooperazione, all’espressione dei bisogni, al
rispetto dei diritti altrui e alla verbalizzazione delle sensazioni. I genitori dovranno insegnare ai figli, ad
esempio, a riconoscere i comportamenti aggressivi e ad imparare a gestire la
rabbia.
È importante per il genitore
riconoscere gli aspetti positivi
della condotta dei figli e offrire loro rinforzo.
L’adolescente, per crescere, ha infatti bisogno di gratificazioni. Bisogna
evitare il cosiddetto effetto alone, che porta ad esprimere giudizi negativi su
una pluralità di condotte del figlio. Tale condotta aumenterà la probabilità di
compiere azioni errate in futuro.
Nessun commento:
Posta un commento